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Bibbona e i suoi enigmi

Bibbona e i suoi enigmi

Bibbona poggia sopra un grosso insediamento etrusco, ma non solo gli Etruschi erano presenti a Bibbona. Anche i Templari, che avevano una particolare preferenza ad insediarsi su siti Etruschi, hanno lasciato tracce del loro passaggio su mura, pietre, che recano segni inconfondibili.

Il borgo medievale di Bibbona sembra offrire un coacervo di enigmi il cui attento esame ne aggiunge continuamente di nuovi. Il primo enigma ce lo presenta il toponimo Bibbona, rilevabile sulle più antiche carte geografiche del territorio. La maggioranza degli studiosi ritiene che derivi da Via Bona ossia “la strada dal buon percorso” che si distingueva tra i miasmi delle paludi costiere per la sua salubrità. Bibbona era un nodo viario presso cui si intrecciavano con la via di Volterra due importantissime strade di origine romana: l’Emilia e l’Aurelia.

Atri dicono che il nome Bibbona potrebbe derivare da Vibi, termine etrusco poi trasmutato in Vibius e quindi ancora in Bibius.

C’è però una nuova ipotesi di interpretazione: poichè all’interno del castello bibbonense si trovavano alcune fonti che consentivano un prezioso approvvigionamento, Bibbona potrebbe derivare da “bibe bonum” ovvero “bevi bene, bevi acqua pulita” cosa che in terra di Maremma, dove le acque erano putride e malsane, costituiva una condizione fondamentale per la vita.

La pieve di Sant’Ilario

Nel nucleo urbano del castello, davanti alla più antica pieve di sant’Andrea, la cui struttura oggi è ancora visibile, inglobata in un più grande edificio, già dal 1154 esisteva la pieve di sant’Ilario. Attualmente questa appare ampliata da alcuni interventi quattrocenteschi, ma la facciata ed il muro di destra sono originali e presentano alcune particolarità che li rendono preziosi ai fini dello studio delle tracce templari.

Il primo di questi particolari è costituito da una croce graffita sulla sinistra del portale di ingresso. La collocazione è già di per sé significativa perché indica il tipo gestione dell’edificio sacro. Accanto al popolo bibbonese, curava le necessità della chiesa anche qualcuno che si segnala con una croce i cui bracci terminano con una sorta di tridente, ossia con la patte d’oie simbolo della Languedoc. Lo stilema è identico a quello di molti graffiti ritrovati nelle prigioni che ospitarono i templari in attesa della condanna e si trova anche sui resti di qualche magione in Francia. Ergo il collegamento con l’Ordine del Tempio sembra inevitabile. Parrebbe che nella pieve di Bibbona operasse un contingente di monaci-cavalieri assai probabilmente di provenienza francese. Anche sul muro esterno della fiancata destra si trova una croce di tipologia templare. Altro elemento che ci riconduce ad una presenza templare nella chiesa è il fatto che sia dedicata a due santi: Ilario e Bartolomeo.

L’acquasantiera di Sant’Ilario

L’acquasantiera conservata nella pieve di sant’Ilario è un bel manufatto in pietra di forma ottagonale, l’ottagono è la figura di mezzo tra il quadrato ed il cerchio, quindi per ottenere la famosa quadratura del cerchio, matematicamente impossibile ma realizzabile in architettura con una certa approssimazione, bisogna passare attraverso l’ottagono. Le cupole delle chiese rinascimentali si basavano su un ottagono che coronava l’intersezione della navata con il transetto. L’ottagono è la figura che si avvicina di più al cerchio ed è il simbolo dell’infinito.

L’ottagono dell’acquasantiera si presenta quindi con otto facce due delle quali sono occupate da protomi leonine.

Nelle restanti 6 facce troviamo un volto di uomo barbuto seguito da un secondo glabro, e quindi una rosa a 5 petali. La rosa a 5 petali è il simbolo di san Giovanni Battista e del solstizio d’estate, dunque la faccia glabra può essere associata proprio a san Giovanni Battista. La sua iconografia mostra sempre un volto da bambino quasi femminile. La cosa ha attirato l’attenzione di scrittori come Dan Brown nel Codice da Vinci per il quale in realtà il Battista nell’Ultima Cena di Leonardo non è altri che la Maddalena.

La faccia barbuta può essere invece associata a San Giovanni Evangelista sempre raffigurato come l’uomo del deserto con la barba incolta e vestito di pelli. L’Evangelista irsuto rappresentava la fine, mentre il Battista alludeva al principio. Verso ambedue era indirizzato il culto templare e loro effigie sull’oggetto liturgico ha un significato di ciclicità e di rinnovamento in Cristo.

Un’altra faccia dell’acquasantiera è dedicata ad un leone passante e non rampante come quello dello stemma di Bibbona. Il leone passante è un simbolo importante per i Templari. Leggendo la loro Regola vi si trova che veniva vietata la caccia; il cavaliere-monaco poteva combattere senza armi solo con il leone secondo il motto biblico: le braccia di ogni uomo contro le zampe del leone e le zampe del leone contro le braccia di ogni uomo. Il leone è raffigurato in molte delle chiese templari rimaste integre, la belva passante rappresenta quindi il nemico da affrontare ad armi pari.

Un’altra iconografia prediletta dai Templari è l’Agnello crocifero che sembra riprodotto in evidente contrasto con il leone: la mitezza dell’agnello sacrificato contro la forza brutale; Cristo contro il peccato.

Infine abbiamo l’ultima faccia dell’ottagono la più interessante, il simbolo rappresentato ricorda una ruota ma in realtà è una croce patente artatamente spianata per non apparire più come tale ma per sembrare un altro soggetto. Quella tipologia di croce è la celebre divisa templare.

Lo stesso occultamento iconografico è avvenuto anche per un altro oggetto di ipotetica natura templare custodito nella stessa chiesa.

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